È una storia lunga e che si può fare partire dal 1129, quella di Correzzola: in quella data i monaci benedettini acquistarono la quasi totalità delle terre tra il Bacchiglione, l’Adige e la laguna, che ancora oggi beneficiano delle bonifiche da essi promosse promuovendo un nuovo modo di rapportarsi con i contadini ed erigendo innumerevoli edifici rurali, fattorie, stalle e depositi, molti dei quali ancora in uso. Dopo i monaci toccò ai Melzi d’Eril fare prove di moderne gestioni nell’Ottocento. Oggi c’è l’eredità di un suggestivo territorio e un grande patrimonio che viene valorizzato, anche turisticamente, a partire dalla grande corte benedettina, divenuta il cuore della vita culturale del paese.
Centro del Piovese, presso l'argine destro del canale di Pontelongo (nome locale del corso canalizzato del fiume Bacchiglione). Si sviluppò agli inizi del sec. XII intorno al monastero benedettino dipendente dall'abbazia di Santa Giustina, che curò la bonifica del territorio. § Il suo castello, fatto edificare da Francesco I da Carrara nel 1360, distrutto nel 1373 e riedificato, andò nuovamente distrutto nel 1405. La parrocchiale cinquecentesca di San Leonardo conserva un dipinto attribuito a Girolamo del Santo. La corte benedettina dei sec. XVI-XIX (ristrutturata nel sec. XIX da Melzi d'Eril e sede comunale) ha l'impianto di casa dominicale, collegata a strutture porticate per il lavoro agricolo, a testimonianza del sistema agrario benedettino e della cultura monastica. § L'agricoltura produce cereali, uva, barbabietole e foraggi; si pratica l'allevamento bovino. L'industria è attiva nei settori alimentare, edile, conciario, meccanico, dell'abbigliamento, del legno e della lavorazione dei metalli.
Il nome di Correzzola deriva da “corrigium”, striscia, lingua di terra emersa tra le lagune. Il territorio già nel periodo romano, ha una sua definizione precisa e costituisce parte del reticolato romano a sud-est di Padova. A Correzzola, nei pressi del fiume Bacchiglione, che qui segnava una grande ansa, sorge l’antica Corte Benedettina. Un tempo sede amministrativa di un esteso fondo dei monaci benedettini di S.Giustina di Padova che nell’opera di risanamento e di trasformazione del territorio, si spostarono dalla vicina Corte di Concadalbero, centro del feudo acquisito nel 1129.
Un centro direzionale Monastico, unico nel suo genere. La Corte Dominicale, costruita dal XV al XVII secolo, si sviluppa lungo il corso del fiume e presenta diverse aie. La Celleraria, con la residenza abbaziale e l’abitazione dei Monaci costituisce la “Corte di transito”. Una cantina, detta a suo tempo “delle tre navate” e il soprastante granaio, delimitavano la seconda corte, dove in passato si trovava una grande aia lastricata per essiccare i cereali. La terza Corte detta “ara delli marangoni” (artigiani), era delimitata da lunghi porticati, con granai e da un ricovero, al piano terra, per macchinari e attrezzi. A sud della “Corte di transito” si trovava la “Cappelletta di casa” ora sede della Biblioteca Comunale, mentre a delimitare l’aia centrale, si innalzava la scuderia di vaste proporzioni con le sue dodici arcate a tutto sesto. Altre Corti minori come quella “delle legne”, le abitazioni per gli artigiani, i pozzi, la fornace con le sue “are”, il forno, i luoghi per la distillazione dell’acquavite, gli spazi per i tessitori, i depositi, il giardino, l’orto, il brolo con il frutteto, i pollai, completavano l’esteso spazio segnato dal fiume e arricchivano di movimento ed operosità il centro direzionale e monastico. Con l’avvento di Napoleone in Italia, la Corte con il suo territorio di quasi 13.000 campi (pari a 52 Km2), suddivisi in possessioni e organizzati con casa colonica in muratura, passa nel 1807 alla famiglia Melzi D’Eryl di Milano che la tenne per poco più di un secolo. Attualmente la proprietà è stata smembrata, ma il territorio conserva ancora moltissime testimonianze dell’assetto che i benedettini gli avevano dato: la canalizzazione, la rete viaria, le architetture rurali e i decori con gli stemmi dell’ordine dei Benedettini prima e dei Melzi D’Eryl poi.